Basta la parola
La “medicina narrativa” pur nella sua apparente semplicità è davvero uno strumento di cura, capace di guarire, o almeno aprire le porte alla guarigione delle ferite psicologiche. Il racconto di sé e l’ascolto del racconto degli altri sono esperienze capaci di aprire al contatto esterno chi si è chiuso nel dolore. Però ne sento parlare in modo superficiale, banalizzante, come se fosse una moda, l’ultima novità su cui essere aggiornati.
Qualcosa di analogamente superficiale si vede quando alle aziende viene spiegato come fare al meglio lo “story telling” di sé stesse per cambiare in breve tempo la propria immagine. Quella che c’è sullo sfondo è un’epoca in cui da un lato si va perdendo la lingua-madre, almeno in Italia, mentre dall’altra, ad esempio, l’uso sempre più spinto della messaggistica digitale porta il mondo intero verso scorciatoie linguistiche e modalità di comunicazione sempre più sintetiche e veloci capaci di avere un effetto persino narcotizzante sul cervello umano. Purtroppo la superficialità porta alla sottovalutazione di quel patrimonio incommensurabile dell’umanità quale è la nostra possibilità –costruita in millenni- di comunicare a livelli raffinatissimi.
Perdere la consapevolezza del valore della parola significa anche perderne tutta la possibile ricchezza che offre. Non solo la parola trasmette informazioni, ma offre chiarezza, confronto, veicola esperienze ed emozioni, dando spazio -per esempio- all’empatia che è anche una chiave che apre ad un livello di comunicazione più elevato e pieno di significati nelle relazioni interpersonali.
Ma la parola non è solo questo: la parola ricorda, evoca, crea, cura, lenisce o fa ammalare. Il potere creativo della parola è qualcosa che (magari non riconosciamo razionalmente ma) tutti gli esseri umani sperimentano: sappiamo che le parole ci possono deprimere e far disperare oppure incoraggiare e rinascere, possono farci immaginare cose che non conosciamo e persino un modo “migliore”, possono benedire e maledire: da questo potere della parola e del racconto prende le mosse la medicina narrativa.
Questa capacità di azione diretta e immediata che la parola pronunciata o scritta ha sulle nostre anime è così evidente che la parola ha una sua “magia” e un suo potere da sempre riconosciuti e praticati. Vale anche oggi: non è necessario pronunciare formule magiche, basta riprendere ad usare usare il linguaggio con onestà e rispetto.