Bilanci
C’è chi fa bilanci tutti i giorni e chi non li fa mai. C’è chi li fa a Natale o al compleanno oppure guardando i giovani crescere; e c’è chi li fa solo se si ammala. C’è anche chi -dice- non li ha mai fatti, ma forse non è vero e comunque sarebbe precipitoso pensare che viva meglio degli altri. Perché gli esseri umani hanno bisogno di fare bilanci?
Sì, ha a che fare con la nostra neocorteccia ed alcune altre cose, fatto sta che fra gli animali noi siamo gli unici ad avere questo bisogno che è, in fondo, il bisogno di dare un giudizio su sé stessi.
Senza sosta- noi costruiamo aspettative su noi stessi oppure-peggio- adottiamo le aspettative che gli altri hanno su di noi e in base a queste stiliamo bilanci. Siamo aderenti a quelle aspettative oppure no? Se sì, diamo un giudizio, per lo più positivo; se non lo siamo diamo il giudizio opposto. Poco o tanto, tutti siamo influenzati da ciò che gli altri si aspettano da noi, e l’esito di un bilancio esistenziale può essere molto doloroso perché si tratta di un giudizio che attribuisce un maggiore o minor “valore” alla propria vita.
Il terrore del fallimento è sempre in agguato; quanto più l’età avanza, tanto più i bilanci si riempiono di trepidazione e sconforto; il tempo per rimediare, per cercare di ottenere quello che si desiderava non è più sufficiente, oppure è già terminato, i giochi sono fatti. Eppure basterebbe talvolta allargare di poco la prospettiva e cominciare a pensare che uno degli scopi della nostra vita è anche imparare da quello che accade, in particolare accettare la realtà, piccoli e grandi fallimenti inclusi.
Viviamo in una società che ci spinge verso modelli che per lo più non corrispondono affatto alla nostra personalità, ma ai quali aderiamo perché temiamo il giudizio degli altri e su quella base ci valutiamo; esere integrati o no? Essere ammirati dagli atri o no? Questo approccio impedisce di vedere la ricchezza che ci offrirebbe la capacità di vedere e accettare -e persino provare tenerezza per ciò che siamo, per ciò che di triste oltre che di gioioso fa parte della nostra storia; dovremmo persino andarne orgogliosi perché da quelli c’è tanto, tantissimo da imparare, e talvolta scoprire che ciò che desideriamo veramente è altro da ciò che abbiamo sempre creduto.
Cominciamo a pensare che in altre culture, in altri luoghi, in altri tempi, ciò che giudichiamo negativo di noi e che ci tormenta, è -o è stato- valutato in modo completamente diverso. La relatività ci appartiene, ciascuno di noi gioca la sua vita come può, come sa, come pensa sia bene fare, e come la vita anche casualmente lo indirizza.
I condizionamenti non mancano a nessuno, sono parte del tempo, del luogo e della cultura in cui abbiamo avuto la chance di nascere e fanno parte delle opportunità di imparare che la nostra vita ci offre. Essere consapevoli di questo certamente non elimina il giudizio e l’impegno a migliorare dalle nostre vite, ma dovrebbe aiutarci ad avere maggior comprensione e persino pietà di noi stessi, …. e degli altri, il che in fondo è la stessa cosa.