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I ponti di Madison County

I ponti di Madison County

E’ il titolo di un eccellente film firmato da Clint Eastwood, che ne è anche protagonista insieme a Meryl Streep (chi non lo conosce può trovare un molto-ben-fatto riassunto della vicenda in https://it.wikipedia.org/wiki/I_ponti_di_Madison_County ). 

E’ un film pluripremiato, “ricco” di sensibilità umana, ambientato negli anni ’60 nella profonda provincia americana. L’elemento centrale della storia è una “scelta”; una esperienza drammatica di cui molti si trovano a fare esperienza, ma in questo caso credo sia anche un omaggio delizioso e tenerissimo del regista alle donne della sua generazione. Si parla di una attrazione da subito molto intensa che travolge in soli quattro giorni due persone che si sono appena casualmente conosciute, ma che si sono subito “riconosciute” e amate; la narrazione del film fa poi comprendere che sarà per entrambi l’amore di una intera vita. 

Ma dopo soli quattro giorni lui si deve allontanare definitivamente e chiede a lei di seguirlo; il dramma colpisce entrambi, ma è su di lei che cade la responsabilità della scelta: lasciare tutto per seguire un’intuizione (ma sarà giusta?), un’attrazione, il desiderio di sentirsi sé stessa e felice, e decidere senza avere sufficiente tempo per riflettere, soppesare gioia e sensi di colpa, felicità e rimpianto, sicurezza e ignoto, per capire se avrebbe la forza di sopportare le conseguenze. Certo, perché lei ha una quarantina d’anni, è sposata, ha figli e siamo appena a ridosso di un periodo in cui le donne cominceranno a sentirsi più libere di cercare la propria strada, ma quel periodo non era ancora cominciato, tanto meno nello Iowa degli anni ’60. 

E poi ci sono gli affetti e i doveri: come si possono lasciare i figli? Lei è pienamente nel suo tempo: ha un rapporto con il marito basato sulla dipendenza economica e anche sulla lealtà e sull’obbligo –lo stretto obbligo- della fedeltà coniugale. Tutto questo decretato dalle convenzioni, dalla religione, dalla cultura millenaria di non-autonomia che hanno alle spalle tutte le donne del mondo (e forse, uno dei dettagli eccellenti di cui il film è costellato, anche dalla cultura mediterranea della protagonista che si chiama Francesca ed è di origine italiana).

Nella scena più drammatica del film lei è in auto accanto al marito appena rientrato dopo quattro giorni di assenza, vanno in città per commissioni e, fermi ad un semaforo rosso, hanno davanti a loro il pickup di quell’uomo amato e appena conosciuto che sta per lasciare la cittadina. Quando il semaforo diventa verde, il pickup non parte, è l’invito di lui a lasciare tutto –tutto, lei non avrebbe neppure una valigia- e ad andare via insieme. E lei, che vorrebbe andare, ha afferrato la maniglia della portiera con tutte le forze, potrebbe scendere e raggiungerlo in pochi passi. Ma forse non sceglie nemmeno, forse è pietrificata dalle emozioni e dalla paura mentre il marito si chiede a voce alta perché il pickup davanti a loro non parta. Lei resta in macchina, accanto al marito, mentre il pickup si decide a partire e svolta allontanandosi: non si rivedranno più. Tutti, ma in particolare chi ha o ha avuto una mamma nata negli anni ’20 o ’30, dovrebbero vedere questo film.