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Il maschio che non c’è

Il maschio che non c’è

Le donne in genere non sanno, forse intuiscono, ma con difficoltà possono comprendere la portata di quanto sta accadendo: si sta perdendo il maschile

Nella corsa ad eliminare tutto ciò che c’è di irrispettoso e talvolta opprimente e persino schiavizzante nella condizione femminile nella cultura occidentale (in altre è anche molto, molto peggio); e anche nella corsa al denaro, necessario in modo crescente ai nostri giorni, la donna ha potuto fare molti passi avanti, ed ha mostrato di saper essere estremamente capace e indipendente.

Ma sembra che gli uomini non siano in grado di apprezzare questa fruttuosa “apertura” al mondo da parte delle donne se non diventando più deboli e talvolta perdendo la dignità; dopo la rivoluzione femminista una armoniosa collaborazione nello sviluppo reciproco fra i due sessi non è affatto cresciuta come si poteva sperare, e sono invece in crescita le reazioni di riflusso da parte degli uomini a cui segue la dura reazione delle donne (non serve nemmeno parlare dei “femminicidi”), in un circolo vizioso che porta alle crisi dei rapporti note a tutti.

Il “saldo” finale di questo insieme di linee di tendenza mostra che sempre più le donne fanno a meno degli uomini: cercano l’indipendenza economica, trovano sempre maggiore autonomia; per una intera generazione dopo gli anni ’70 sono state uniche affidatarie dei figli nelle separazioni, data la notevolissima propensione dei giudici ad affidare solo a loro i bambini in tenera età, … libere di creare per i figli maschi un mondo al femminile, e di allevarli quindi privi di riferimenti maschili. Così, generazione dopo generazione, i giovani maschi di oggi sono sempre meno “solidi” perché crescono senza ciò che solo un altro maschio può fornire loro fin dall’infanzia: l’identità con cui confrontarsi e da cui patire per costruire la propria.