Stomia: sessualità e persona (1 di 3)
LE DIMENSIONI DEL PROBLEMA NELLA POPOLAZIONE STOMIZZATA E INCONTINENTE
La sessualità si colloca nella quotidianità di ciascuno di noi come elemento e spinta fondamentale per la realizzazione di sé, della propria identità e della propria storia.
Parlare di sessualità significa affrontare degli aspetti di sé molto profondi e quando il tema della sessualità si incontra con quello di malattia, emergono in primo piano i concetti di esperienza del limite insieme a quello di creatività che sono parte integrante dell’identità. La sessualità ha a che fare con il senso di soddisfazione, di pienezza esistenziale e con il rafforzamento dell’autostima: tutti aspetti centrali nella formazione della propria identità. Ma parlare di sessualità significa anche affrontare ed uscire dai non detti, dai timori e dalla vergogna che spesso accompagnano questo aspetto della vita.
Quando sussiste una situazione di malattia, quest’ultima funge da amplificatore della consapevolezza del senso del limite, che diviene gradualmente presente nella percezione di sé e delle proprie relazioni sociali, affettive e sessuali. Spesso i rapporti affettivi assumono un diverso senso in presenza di una malattia (che potrebbe portare a modificazioni corporee come una stomia), della progettualità modificata, della sofferenza fisica. Il percorso successivo al cambiamento parte proprio da questi limiti, ma potrebbe gradualmente far arrivare alla scoperta della propria identità modificata, alla creatività, all’acquisizione di una capacita di intimità con l’altro rinnovata.
In situazioni di precarie condizioni di salute la sessualità, in quanto attività sessuale, comincia a subire delle modificazioni fisiche e mentali. Il limite fisico incide sulla possibilità di avere rapporti sessuali soddisfacenti come sovente lo si era inteso sino ad allora in termini di prestazione. Più si percepisce il timore e la paura di essere considerati dal partner malati e maggiormente limitati rispetto al passato, più si teme di essere rifiutati, oppure accettati per una sorta di compassione, o pena. Chi ai rapporti sessuali sino ad ora aveva associato l’idea di prestanza ed efficacia sessuale, si trova a dover rielaborare il proprio modello: il cambiamento ed il decadimento fisico spaventa e non lo si vuole mostrare nell’intimità all’altro, anche se compagno di una vita.
Di fronte a questo quadro, si pongono al paziente e al partner alcune questioni di fondo:
- La qualità e le modalità di vivere la sessualità modificata all’interno della relazione affettiva
- Il senso del limite nella quotidianità
- Il senso del tempo nel rapporto
- Il significato della libertà nel momento in cui ci si sente più costretti, più condizionati (da limitazioni corporee, dal dover integrare un elemento come la stomia), più dipendenti
- Il significato della sessualità che è più ampio dell’avere rapporti sessuali
- Come vivere aspetti della propria creatività, fantasia, gratificazione, dell’equilibrio, dell’appagamento affettivo, quando i limiti sono notevoli nella possibilità di svolgere le normali attività rendendo problematica la relazione con il partner ed imponendo difficoltà consistenti nel rapporto di coppia
- Quale potrebbe essere una riposta costruttiva della persona di fronte al limite
- Come cambia la propria identità in relazione alla malattia ed ai cambiamenti corporei
- La sessualità potrebbe essere energia da recuperare e sviluppare al fine di affrontare la propria storia, il proprio qui ed ora.
Nella nostra società e cultura attuale viviamo in un ambiente nel quale la figura emergente ed imposta è quella del “consumatore” a tutti i livelli: è importante che le persone siano dei consumatori di qualunque cosa, in questo senso le persone, prima di poter essere tali sono pensate dalla nostra società come consumatori, come potenziali partner sessuali con un patrimonio che devono prima o poi poter spendere. L’aspetto centrale e fondamentale è che nella nostra cultura le persone possano identificarsi con un modello ed abbiano di sé una precisa rappresentazione: tutti noi viviamo in questo ambiente, assorbiamo e ci appropriamo di questi modi di pensare noi stessi e anche di vivere la sessualità che ci si ritorcono contro nel momento in cui si esce dal binario della salute perfetta e del benessere ostentato.
Ci viene proposto di pensare alla vita con la mancanza di limiti, senza termini, senza ostacoli alle diverse realizzazioni, ed anche nella sessualità tutto dovrebbe essere facilmente vivibile. Come mostrano le pubblicità ed i modelli che i media ci offrono, tutti possono e vogliono diventare grandi seduttori e la seduzione diviene una professione generalizzata: tutti vogliono piacere, tutti vogliono sedurre, guardando gli altri come specchi in cui riflettersi. Questo viene drammaticamente enfatizzato nel momento in cui la persona si trova a vivere un evento inaspettato ed inconcepibile in riferimento a questi standard, come la malattia, in cui si è costretti a passare da aspetti superficiali e di facciata, ad aspetti profondi ed essenziali che riguardano la propria identità, la personalità, le relazioni significative (affettive e sessuali) e la vita stessa.
Un grande equivoco e malinteso tipico della nostra cultura riguardo alla sessualità è che una persona con una vita sessuale attiva utilizzi il corpo: in moltissimi casi, invece, non si usa affatto il corpo, ma solo un involucro che in realtà non è “pieno” e “intero” e l’esperienza non è quindi di tutta la persona, è come se riguardasse soltanto un pezzo. Dietro un’apparente sessualità, spesso c’è la mancanza di un rapporto con l’intero corpo come persona, ma il corpo diviene uno strumento parziale di richiesta di affettività, accettazione, stima, valorizzazione nei rapporti interpersonali attraverso uno strumento che risulta inadeguato ed improprio.
In questo senso, la malattia e le limitazioni ad essa connesse (come una stomia) divengono un’occasione molto importante per la persona: si tratta di accettare di fare un percorso in cui è compreso il disorientamento, che significa rinunciare alla bussola che si aveva prima e che da un certo momento in poi è diventata inservibile, perché continuando ad usare la bussala del passato (spesso imposta da altri) si perderebbe la strada. Quando nella vita subentra la malattia cambia e stravolge i normali ritmi spazio-temporali, modifica il modo in cui si guarda la realtà, le priorità sono capovolte, è un trauma che cambia l’esistenza in ogni suo contesto e la progettualità. Anche l’aspetto della sessualità si modifica di conseguenza: cambia il modo di provare il desiderio e sentire il bisogno sessuale e viene spesso valorizzato l’aspetto dell’intimità, della vicinanza fisica, della tenerezza e del contatto attento e sensibile, più che dei rapporti sessuali.
Con la malattia tutti noi viviamo una regressione (più o meno percepita e manifestata) emotiva e psicologica: uno dei primi bisogni è quello di essere compresi psichicamente e fisicamente, ovvero avere accanto qualcuno capace di comprendere, accogliere, contenere la totalità della persona, anche se con un corpo modificato, malato, “ferito”. L’identità stessa dell’individuo si ritira dalla periferia corporea e si reinveste su altre dimensioni dell’essere.
Questo ci induce a rivalutare e poter vedere da punti di vista maggiormente ampi il concetto di piacere: il piacere più intenso è spesso procurato dal poter entrare in relazione profonda con l’altro, con la possibilità di comunicare in profondità senza le barriere poste dalle convenzioni sociali. La concezione di piacere diviene quindi più ampia rispetto ai soli atti sessuali, non si tratta, quindi, di pensare ad una relazione affettiva e di coppia fondamentalmente in termini di relazioni sessuali soddisfacenti, ma è importante pensare a questo aspetto su un altro piano: quello della realizzazione di sé e dell’altro, definendo i propri spazi esistenziali, imparando a vedere sé nell’altro, perdendosi e ritrovandosi, sperimentando la diversità e l’alterità che un incontro profondo fa emergere, anche nei rapporti sessuali. Il senso di estraneità porta spesso alla crisi e paralizza molti momenti nei rapporti significativi e diviene particolarmente pesante quando ci costringe a metterci faccia a faccia con noi stessi, con l’altro che si potrebbe conoscere da molto, ma mai completamente conosciuto. Questo può, però, divenire il punto di partenza all’interno del cambiamento, per conoscere meglio sé stessi e l’altro, aprire la strada verso un rinnovamento del rapporto di coppia che diviene necessario in un momento di forte cambiamento a partire dagli aspetti corporei, che coinvolge completamente la personalità e l’identità. Una relazione affettiva può essere l’ambito dove il paziente sperimenta, elabora ed accetta la propria condizione di malattia rispecchiandosi nell’altro (che è diverso) ed in questo modo potrebbe valorizzare le diverse soggettività ed identità.
Il deficit sessuale che sovente si manifesta con la malattia dipende da cause multifattoriali: è fondamentale poter comprendere cosa accade, i fattori in gioco (aspetti psicologici legati alla propria identità ed alla propria storia, aspetti organici, farmacoterapia) che influiscono sulla sessualità e sul desiderio. Spesso, il non riuscire più ad avere contatti sessuali con il partner è legato oltre che a cause di tipo organico alla perdita di qualsiasi tipo di sentimento positivo, perché la persona è pervasa da sentimenti negativi per la perdita e l’abbandono della speranza.
La sessualità, quindi, non è solo azione ma più rappresentazione, cioè qualcosa che ha a che fare con la cultura, la fantasia , il pensiero, la vita emotiva e l’affettività. Per questo è molto importante poter concepire che possano esserci più possibilità di espressione sessuale, non esiste un solo modello, un solo percorso, si può parlare anche il linguaggio delle difficoltà e del cambiamento, dell’ostacolo, senza pensare di essere giudicati per questo. Nella consapevolezza c’è un modo diverso di soffrire, c’è un rapporto diverso con la sofferenza e paradossalmente se si fa spazio in maniera più intenzionale alla sofferenza, si aumenta anche la possibilità di vivere in maniera più piena ed autentica il piacere e la gioia, in maniera più personale e profonda. Nietzsche dice attraverso la voce di Zarathustra: “Avete mai detto sì ad una semplice gioia? Oh amici, allora avete detto sì anche a tutto il dolore”.
Il percorso di autodeterminazione conduce a scegliere, comprendere ed accettare i limiti entro i quali realizzarsi: si tratta di rinunciare ad una perfezione ideale a favore di un’imperfezione reale e più vicina alle persone, seppur con grandi difficoltà. Spesso quando si pone un limite, emerge un desiderio: si diventa consapevoli delle possibilità alle quale prima non pensavamo, quando ci si rende conto che vi è a quel livello una limitazione, o un divieto. L’area del limite si trasforma in una specie di giardino in cui coltivare la fantasia della rinascita, qualcosa di sé che può tornare a rivivere acquisendo nuovi significati. Questi aspetti potrebbero essere paragonati, su un altro piano, all’immagine di molte donne che si trovano a vivere l’impossibilità di generare dei figli: devono necessariamente ostinarsi all’idea di creare qualcosa su quel piano, o possono accettare di mettere in gioco altre forme di realizzazione esprimendosi con le risorse che hanno?
Partire da questo presupposto è fondamentale per l’operatore sanitario che lavora attraverso la relazione di aiuto con un paziente stomizzato.
Come precedentemente accennato, parlare di sessualità significa profondamente parlare del concetto di identità. L’identità è innanzi tutto coscienza di sé, una forma di intimità con sé stessi, che pone le basi nei primi rapporti con le persone significative e di riferimento (i genitori) per poi svilupparsi gradualmente attraverso le relazioni importanti che ci accompagnano nell’arco della vita. Dal rapporto che si ha con sé stessi discendono le relazioni che intraprendiamo con il mondo esterno a noi; il contatto con gli atri parte sempre dalla domanda: “Chi sono io?”.
L’identità ha una parte stabile ed immutabile, che rimane costante come segno distintivo dell’individuo, ed un’altra parte mutevole e dinamica aperta alla flessibilità ed ai cambiamenti. Noi abbiamo bisogno di piaceri fisici perché siamo un tutt’uno dei nostri diversi aspetti: corporeo, psichico, emozionale, spirituale, sociale e culturale. Una parte dell’identità di ciascuno di noi è basata anche sulla vita sessuale ed affettiva concretizzata in due domande: “Sono amabile?”, “So amare?”. La malattia e le limitazioni corporee mettono seriamente in crisi questi concetti, perché attaccano fondamentalmente l’autostima (il valore che ciascuno ha di sé stesso) che proprio attraverso lo scambio con gli altri si alimenta. La malattia diventa quindi anche un problema di relazione tradotto nelle domande: “Sono ancora in grado di dare piacere? Cosa penserà di me l’altro?”. Il paziente viene quindi immerso in una serie di dubbi che conducono inevitabilmente ad una situazione estremamente ansiogena e di sofferenza costante.
Il problema della malattia e delle limitazioni corporee diviene centrale rispetto all’identità personale. Il paziente che si trova a dover convivere con una stomia, vive un processo di cambiamento corporeo che necessita di modificazioni del suo assetto psicologico e dell’immagine di sé. Infatti, i cambiamenti corporei dovuti a malattia ed ai trattamenti necessari, hanno sempre ripercussioni psicologiche poiché possono essere non previsti, repentini e demolitivi, o evidenti esternamente. Il corpo è considerato infatti lo sfondo di tutti gli eventi psichici (U. Galimberti) e l’esperienza umana del corpo di sviluppa su due fronti:
- “Io sono il mio corpo” (corpo vissuto)
- “Io ho un corpo” (corpo organico).
Il corpo, che si pone come garanzia primaria di continuità, è quindi strettamente legato all’identità che definiamo come:
- una rappresentazione di sé, una continua esperienza interna di sé che comprende il senso della propria corporeità, il senso di un confine, di una forma di sé e di uno spazio esterno altro da sé;
- una funzione globale di senso e di significato. Ha una funzione integratrice, senza la quale l’individuo sarebbe mutilato e frammentato in molte diversità;
- la stima di sé, la capacità di pensare i sentimenti e di essere in contatto con loro;
- un valore centrale nel regolare la vita mentale.
La malattia altera l’immagine e la percezione del corpo e rompe il legame Io-corpo perchè i suoi effetti e quelli dei trattamenti sono sovente mutilazioni, deturpazioni, alterazioni funzionali.
Inoltre, l’integrità del corpo legata strettamente all’identità, dipende anche da altri importanti fattori:
- Età
- Fase della vita
- Storia personale
- Rapporto precedente con il proprio corpo
- Organo colpito
- Investimento affettivo sul corpo.