Vivere nel presente
Una frase d’effetto che circola in Facebook, del genere di quelle molto “condivise”, dice “Se sei depresso, stai vivendo nel passato. Se sei ansioso, stai vivendo nel futuro. Se sei in pace, stai vivendo nel presente”.
Arbitrariamente attribuita a qualche saggio che ora non ricordo, è una frase accattivante, anche se formulata con un trucco, infatti è vera solo parzialmente e solo al contrario: “dato questo effetto nelle tue emozioni, la causa è che la tua mente è probabilmente qui o lì”. Per fortuna si può essere felicemente nel futuro mentre lo si progetta o si fantastica ottimisticamente su come potrebbe realizzarsi, il che è come minimo gioioso ed energizzante etc.
Come mai questa frase ha tanto successo? Perché nel mondo odierno ansia e “depressione” (termine qui usato in modo colloquiale, con il significato precipuo di “sconforto”) sono pane quotidiano di tutti?
Sicuramente, in parte, ma applicate in negativo ad un elemento temporale, le due emozioni citate, ansia e sconforto, non sono però del tutto paragonabili nel vissuto di chi legge.
L’ansia per il futuro è in qualche parte giustificata dal panorama in cui viviamo oggi, fitto di richiami alla condizione di precarietà che caratterizza gli esseri umani, alla quale noi occidentali non siamo per niente abituati; è infatti una condizione generale e generica comune: soldi, lavoro, figli, salute.
Lo sconforto pensando al passato è invece qualcosa di spiccatamente soggettivo: ciascuno ha nella sua storia fallimenti e sofferenze, ma non tutti allo stesso modo, negli stessi ambiti e con la stessa intensità. Le ferite possono essere state più o meno numerose, più o meno dolorose ma, soprattutto, possono essere cicatrizzate o meno.
Pensare al passato e non essere presi dallo sconforto richiede che le ferite del passato si siano cicatrizzate, altrimenti il passato non è passato, è presente, fa ancora soffrire, e in quel caso non lascia affatto in pace il nostro tempo presente.