Traumi infantili, ali bruciate
I traumi infantili, anche quelli più comuni, possono restare nell’anima per una vita intera.
Non è necessario che si tratti di situazioni estreme, come una guerra, ci sono infinite situazioni molto comuni, e di cui si parla poco, di fatto sottovalutandole, che coinvolgono milioni di essere umani.
Qualche esempio: un abbandono in tenera età (reale o vissuto come tale, per esempio per la morte precoce o l’assenza di un genitore), soprusi ripetuti o abusi inflitti da adulti (non necessariamente fisici, a volte sono ampiamente sufficienti quelli psicologici), esperienze di discriminazione, forme di bullismo subite da coetanei etc.
Gli effetti nei bambini sono profondi e si nascondono dietro le timidezze, le insicurezze, un senso di inferiorità che i genitori non comprendono da cosa derivi.
Può essere come una zavorra, un handicap, una penalizzazione che si fissa nell’anima e, come esprime una mia paziente, una impossibilità di essere come vorrebbe, perché in pratica le hanno “bruciato le ali”, piccole ali che non si erano ancora sviluppate.
Il fatto che se ne parli poco è grave perché moltissime persone si trovano per una intera vita a lottare contro questa zavorra, come un marchio impresso sulle spalle che gli altri spesso vedono ma loro no, e che preclude molta parte della serenità che potrebbero sperimentare.
Ancora più difficile è il lavoro quando i traumi si fissano prima dei tre anni se nessuno ne ha poi parlato con il bambino per aiutarlo ad aprire una strada alla possibile rielaborazione dell’accaduto; i traumi prima dei tre anni vengono infatti completamente rimossi e la vittima rischia di vivere con una tara che quotidianamente la penalizza ma nemmeno immagina di avere.
Gli indizi sono però di solito abbastanza chiari, come ad esempio una forte rabbia repressa o una ipersensibilità che affiorano apparentemente a sproposito.
La facile reattività a ciò che ha un qualche collegamento con il trauma rimane sempre, anche se gli aggiustamenti necessari per vivere e avere rapporti interpersonali decenti vengono spesso messe in atto con un certo successo.
Occorre molto lavoro allora per recuperare indizi e tracce, testimonianze di cosa sia accaduto; un lavoro che dovrebbe essere fatto intensamente da chi si accorge di un incompressibile profondo disagio, un lavoro molto lungo che si intraprende con molto coraggio e purtroppo quando si è già adulti (e indagare il passato è tanto più difficile quanto più è lontano).
Il percorso comporta il ricordare o, nei casi più difficili, occorre ricostruire l’accaduto almeno nei suoi punti centrali, quelli che in ultima analisi hanno determinato il trauma; avere davanti una rappresentazione del trauma apre la strada al poter prendere coscienza e rielaborare.
Ma occorre anche il supporto dello psicologo perché si tratta di una strada difficile, certamente dolorosa, un lavoro di accoglimento e pulizia su ferite aperte e malate per permettere che finalmente guariscano. La completa chiusura della ferita poi si ha se si riesce a perdonare nel profondo chi l’ha causata e passare oltre.
E’ un grande lavoro, quando si arriva in fondo però avviene qualcosa di meraviglioso: la rabbia scompare e con essa la zavorra, la vita ha un altro sapore… e poi c’è la mia paziente dalle ali bruciate che mi descrive commossa l’improvvisa sensazione di avere sulle spalle due grandi ali spiegate, sane, adulte e forti.