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Viva Barbie!
Fare un po’ di pubblicità alle cose positive non guasta mai. Parlo di una bambola di ormai quasi 60 anni, nata con l’aspetto delle “signorine grandi firme”, Il modello femminile di grande successo nato negli anni trenta sotto il fascismo, gambe irrealisticamente lunghe, vitino di vespa, grandi seni, occhi indelebilmente truccati e capelli lunghi e vaporosi: si chiama Barbie.
read moreLa salute innanzitutto
Gli esseri umani sulla terra spendono migliaia di miliardi ogni anno per la salute fisica, o meglio per ritornare in salute, perché se ne spendono molti meno per la prevenzione. Ma qual’è la spesa per la salute mentale? Non ho dati precisi ma ritengo sia di molto inferiore
read moreVi storpiano il nome? Una ragione c’è
In generale i diminutivi e i vezzeggiativi sono una manifestazione di affetto, ma se vi disturbano forse il rapporto con chi li usa non è così buono, e se che li usa è al corrente che vi danno noia -ma insiste- il rapporto certamente non è buono, vi sta mancando di rispetto, anche se condisce l’aggressività con larghi sorrisi. E se il nome viene del tutto sostituito con quello di un altro? Se a chiamarvi con un nome non vostro è un gruppo di persone, “amici” o colleghi, e non si tratta di un affettuoso diminutivo, potrebbe rivelare del mobbing “in arrivo”. A tutti è capitato di sbagliare ripetutamente il nome di qualcuno, è capitato recentemente ad una mia paziente che, abituata a chiamare il marito “tesoro”, un giorno lo ha chiamato Angelo anziché Antonio. Angelo è il collega con cui lei lavora gomito a gomito 8 ore al giorno … dal putiferio che ne è derivato ha cercato di uscire appellandosi alla forza dell’abitudine, ma è proprio questa la ragione? Forse il collega Angelo è un tipo affascinante? O forse con il collega c’è una sintonia che si vorrebbe avere anche con il marito Antonio? O forse ancora il nome Angelo è legato ad una persona che a lei è -o è stata- particolarmente cara? I nomi delle persone non sono solo etichette identificative. “Homen nomen” dicevano i latini. Il nome con cui veniamo identificati alla nascita o con cui siamo da sempre abituati ad essere chiamati è parte di noi, o meglio “siamo noi”, entra nelle nostre cellule e diventa parte della nostra identità profonda. Se ci chiamano con un altro nome non ci voltiamo perché “non siamo noi”, stanno parlando a qualcun altro. Il caso più intrigante si manifesta proprio con il lapsus, quando una persona che ci conosce bene modifica il nostro nome ripeturamente: per ragioni tutte da indagare vi chiama con il nome di un altro. Cosa c’è dietro? Perché le madri che hanno almeno due figli li chiamano sempre sistematicamente con il nome dell’altro figlio, pur correggendosi immediatamente dopo? E’ un modo inconsapevole per comunicare che “non intende fare distinzioni” fra i suoi figli? La casistica è ampia e nota a tutti. E’ normale che gli esseri umani, nell’aggirarsi in questo mondo, proiettino continuamente sugli altri i loro desideri, le fantasie, i ricordi piacevoli e non. Però, se vi chiamate Sandra e qualcuno vi chiama da mesi Silvia, se vi chiamate Gianluca e per qualcuno siete sistematicamente Giancarlo, aguzzate le antenne: sotto sotto, anche se vi sorride, potreste ricordargli qualcosa di spiacevole, potrebbe essere in contrasto per motivi che non esprime, potrebbe … potreste non...
read moreFiabe e paura del buio
Chi ha paura del buio teme l’ignoto e, quando si tratta di bambini, è un timore del tutto fisiologico che va però accompagnato e progressivamente risolto con l’aiuto degli adulti. Le paure sono spesso irrazionali e, se lo sono, come in un timore infantile, non ha alcune chance di successo una risposta basata sulla razionalità: inutile sforzarsi di spiegare che, obiettivamente, quella paura è infondata. Stare vicino, tenere la mano, raccontare una fiaba finché non si siano addormentati sono gli strumenti classici che tranquillizzano i bambini. Ma mentre i primi due eliminano il timore del presunto pericolo grazie alla presenza dell’adulto, la fiaba contiene tutto un altro meccanismo. I racconti delle fiabe, anche le meno antiche, sono il residuo di antiche epopee, il nucleo dei loro canovacci nasce dalla più remota umanità e si reggono su archetipi radicati profondamente dentro di noi, per questo vengono così tenacemente tramandate con relativamente poche variazioni. E sarebbe importante commentarle con i bambini. E’ di tutta evidenza come la storia dell’eroe epico, così come del protagonista della fiaba, si snodi da un equilibrio che viene drammaticamente e dolorosamente infranto attraverso il superamento di prove difficili, qualche volta dalla discesa agli inferi (persino Biancaneve e la Bella Addormentata erano virtualmente morte) per poi arrivare alla vittoriosa conclusione e alla gioia di un nuovo felice equilibrio superiore. Un nuovo equilibrio che il protagonista conquista avendo affrontato il pericolo, avendo superato le sue paure ed essendo uscito vittorioso dall’aver affrontato il mostro (il drago, la strega, l’orco …). Perché i bambini le vogliono ascoltare più volte, le imparano a memoria e non sopportano che si cambi una sola parola? Perché la fiaba è una lezione che compie un percorso preciso: alla conclusione della fiaba troviamo un eroe, un protagonista più consapevole di sè, della vita, di come è fatto il mondo. Il percorso della fiaba è una sintesi del percorso emotivo che noi tutti compiamo nel processo della crescita interiore e del divenire adulti fortificati. Un paradigma che il bambino non comprende razionalmente, ma afferra senza fatica emotivamente e simbolicamente: la fiaba, ogni grande fiaba per bambini, ha sempre momenti tristi, ma contiene il messaggio che le paure si vincono, che dopo il buio torna la...
read moreA proposito di energie: attenzione ai vampiri
Attenzione ai vampiri! Ci sono in giro persone che sanno come prendere le energie dagli altri e forse guardandovi allo specchio ne potete scorgere uno. Tutti noi siamo capaci di farlo, ma ci sono persone che hanno una inclinazione davvero notevole a l parassitismo. Non lo fanno sempre, non lo fanno consapevolmente, non lo fanno con tutti. E il punto è proprio quest’ultimo: non lo fanno con tutti ma solo con quelli che lo lasciano fare. Se vi sentite vampirizzati da qualcuno dunque, ancora una volta, per prima cosa, sappiate di essere conniventi e responsabili della situazione. Vi sarà capitato di trovarvi vicino una persona pessimista, vittimista, che si lamenta in continuazione e che vi aggancia magari esprimendo ammirazione per la vostra forza, capacità, energia e fortuna, sottolineando per converso la sua sfortunata fragilità; di solito è un vampiro e il suo obiettivo è farvi sentire in dovere di colmare quellla differenza: oltre al “dito” che avete offerto in suo aiuto, cercherà di prendersi anche tutto il resto senza nemmeno chiederlo, e lo farà sempre più perché l’appetito vien mangiando. Grosso modo un vampiro si riconosce da questi segnali: cerca di portare su di sè tutta la vostra attenzione parla solo di sè senza dirlo esplicitamente vi ricorda in continuazione come rispetto a voi sia più sfortunato cerca di indurvi a risolvere i suoi problemi senza chiederlo chiaramente In sintesi, approfitta della vostra disponibilità per manipolarvi. Per difendersi da queste persone occorre sottrarsi, dire di no, esplicitare -magari ridendo- le richieste che vi stanno facendo, e queste persone magicamente si ritrarranno come le corna di una lumaca contro l’ostacolo. Si ritireranno poi ci riproveranno, ma se fermate nuovamente istintivamente andranno a cercare altrove quello che vogliono. Spesso sono persone che ci sono molto vicine, sono i nostri compagni o nostri parenti, i sensi di colpa che possono indurre in noi sono ancora più forti, ma la cura e la difesa sono le stesse: un sorriso e un passo...
read moreAttenzione a non esaurire le risorse
Alla vigilia delle ferie, che si sia in procinto di partire oppure no, ci sentiamo tutti stanchi. E’ perché un anno di lavoro (o peggio, in questi tempi, di ricerca di lavoro) ha fatto sì che la stanchezza si sia accumulata e sentiamo di avere “le batterie scariche”. Purtroppo molte persone non aspettano di arrivare all’estate per sentire di aver abusato delle proprie energie, ma si sentono in questa fase molto spesso e reagiscono facendo appello ad eroici slanci che le consumano ancora di più. Quello di cui stiamo parlando è un ciclo naturale degli esseri viventi, l’alternanza fra periodi di attività e periodi di riposo. Non siamo però come batterie del nostro cellulare il cui ciclo è ottimizzato se prevede una carica completa al 100% seguita da uno scaricarsi fino a zero e così via. Gli esseri umani hanno bisogno di cicli con minore sbalzo nei consumi e la nostra salute è preservata anche dal nostro equilibrio energetico ed emozionale, cosa di cui dobbiamo occuparci ogni giorno. Chiedere a sé stessi così tanto da esaurire tutte le risorse stressa inoltre il nostro sistema immunitario e può farci ammalare. E’ facile in questi casi imputare la responsabilità agli altri, alle situazioni e così via, ma dobbiamo sapere che c’è sempre una buona quota di nostra responsabilità in quello che ci accade, siamo noi i custodi delle nostre energie, e allora? Allora facciamo una analisi della situazione: scopriremo che non è indispensabile occuparsi di tutto, che possiamo dire dei “no”, che non serve dare il massimo in ogni cosa che facciamo, che un po’ di tempo nella giornata -anche 10 minuti- lo possiamo trovare per rilassarci, per occuparci solo di respirare e regalare un sorriso a noi stessi nello...
read moreTraining autogeno per essere più belli
Tra le innumerevoli tecniche di rilassamento la mia preferenza va senz’altro al training autogeno. E’ un metodo sviluppato da uno psichiatra tedesco ormai quasi 100 anni fa e consiste innanzi tutto nel creare volontariamente nel proprio corpo una situazione di quiete. La modifica corporea ha simultaneamente una risposta nella psiche, essendo gli esseri umani un tutt’uno, innescando un circolo virtuoso di effetti psicofisici benefici durante il rilassamento; gli effetti permangono anche dopo, se lo si pratica assiduamente, perché i benefici tendono a stabilizzarsi. La particolarità che è immediatamente visibile nel TA è la possibilità di applicarlo su sé stessi autonomamente, in qualsiasi luogo e momento della giornata; trattandosi però di una tecnica, per essere padroneggiata va all’inizio acquisita correttamente con l’aiuto di una persona esperta: molti psicoterapeuti sono disponibili a insegnarla, come nel mio caso, essendone diventato negli anni un vero fan! Ecco quali sono i benefici: minore tensione emotiva e minore insorgenza dell’ansia e dello stress miglioramento dell’umore aumento dell’ottimismo miglioramento del tono muscolare e dell’energia miglioramento del sonno e dell’ossigenazione dei tessuti e, di conseguenza, una pelle più distesa, levigata, e un aspetto più...
read moreVoglia di cambiare e paura di farlo
Voglia di cambiare lavoro, casa, partner, o semplicemente guardaroba… Gli esseri umani hanno bisogno di stimoli, e periodicamente sentono il bisogno di cambiare o rinnovare qualcosa. Perché ne sentiamo il bisogno? Cosa succede quando ci annoiamo? Tra le forme di nutrimento di cui gli esseri umani hanno bisogno c’è l’apprendimento, lo sviluppo di connessioni neuronali, l’ampliamento degli orizzonti attraverso la comprensione della realtà intorno. E’ anche così che cresciamo in consapevolezza. E la noia sopraggiunge quando la naturale curiosità non è più alimentata, quando non impariamo più in quello che facciamo, nella situazione che viviamo, e l’orizzonte si chiude. Ma abbiamo anche bisogno di proiettare progetti e immagini della nostra vita (e quella che abbiamo di noi stessi): ecco perché anche cambiare guardaroba o arredi ha una analoga valenza. Certo: cambiare è difficile, sono pochi i temperamenti che vanno incontro alle novità con incrollabile entusiasmo ed ottimismo; in genere gli esseri umani sono istintivamente resistenti al cambiamento e maggiore è la variazione necessaria, maggiore può essere la resistenza, anche se in cuor nostro sentiamo che qualcosa si è arenato. Ancor più se lo status quo offre delle garanzie, e sappiamo che di solito l’inerzia e le abitudini ne offrono molte. “Si sa quello che si lascia e non ciò che si trova” dice il proverbio: è noto il senso di sicurezza che si può sperimentare in rapporti decotti che falsamente proteggono dalla solitudine e in lavori che non appassionano più o non hanno mai appassionato. Ovviamente spesso c’è un aspetto, per lo più economico, che determina l’immobilità, ma non si può non osservare che le situazioni di compromesso generano insoddisfazione cronica, e preludono come minimo nevrosi . Ma quando questi vincoli non ci sono, l’alternativa può fare ugualmente paura perché è appunto “altra”, è diversa e inesplorata, come l’etimologia della parola garantisce, e quindi facilmente l’esigenza viene negata, lasciandola degenerare. La situazione migliore si crea proprio quando non si nega fin dall’inizio la piccola percezione che un cambiamento sta per rendersi necessario, se ne prende consapevolezza e ci si prende da subito cura di questa esperienza: fatta all’inizio, anche una piccola variazione alla barra del timone può essere utile a correggere la rotta, rilanciando la vita e bypassando una crisi prima che diventi...
read moreIl genitore del genitore
Per la maggior parte di noi, diventati adulti, arriva un giorno in cui ci si sente chiamare “papà” o “mamma” da uno dei nostri anziani genitori. Tralasciando i commenti del tipo “la vita è una ruota” o “da vecchi si torna bambini”, affermazioni non erronee ma forse inutili, bisogna dire che quando ciò accade merita qualche riflessone. Non solo per il paradosso -nessun figlio immagina mai di sentirsi chiamare in questo modo- ma anche perché questo è un lapsus “da manuale” e perciò non cade su un figlio a caso -nemmeno se l’anziano ha perso un po’ di lucidità- e dunque è rivelatore di molte cose. Chi chiama “mamma” o “papà” qualcuno che non lo è, sente in quel qualcuno delle caratteristiche “materne” o “paterne” nei sui confronti, gli riconosce un ruolo di protezione, o di guida, ossia rivela di percepirlo come un riferimento forte nella propria vita. Un riferimento nel quale -perché scatti il lapsus- è presente una componente emozionale importante. Certamente potremmo definirlo come un meccanismo di switch automatico di fronte ad un gesto, l’accudimento ricevuto, che ne evoca altri del tempo che fu, ma questi lapsus mettono in luce il sentire più profondo (magari mai detto) dei rapporti famigliari. Il genitore mette in quelle parole il rapporto che ha avuto -a sua volta- con il suo proprio genitore, e chiamare qualcuno “papà” o “mamma” non è necessariamente fargli un complimento. E i figli, destinatari passivi di questo lapsus? Se il rapporto con il genitore è stato positivo e c’è riconoscenza nei suoi confronti per ciò che ha fatto per il figlio, la reazione sarà commossa e affettuosa. Ma se il rapporto è conflittuale, se il figlio ritiene di non essere stato accudito e sostenuto a sufficienza quando era il momento, probabilmente si sentirà ancor più defraudato da questo cambio forzato di identità e non lo gradirà affatto. Ci sono dei mondi dietro le...
read moreQuale verità in un sogno
Su di una bancarella ho contato fino a una dozzina di libri che si proponevano di spiegare i sogni, elencando per ogni voce trattata (luoghi, animali, persone) una serie di significati simbolici; fra questi volumi, due o tre completavano la trattazione includendo i numeri da giocare secondo la tradizione della smorfia napoletana. Pur con tutto il rispetto che le tradizioni meritano, anche il profano non può non osservare un limite di fondo nell’impostazione di manuali di questo tipo. I sogni contengono delle verità, ma le verità dei sogni sono sempre soggettive. Se mai potesse accadere che due persone facciano lo stesso identico sogno, la corretta interpretazione per ciascuno dei due non sarebbe certamente identica. I sogni ci raccontano delle storie che ci riguardano personalmente, poco riconducibili ad un manuale, per quanto ben scritto, perchè sono una finestra sull’interiorità, individuale per definizione. I sogni attingono all’esperienza vissuta da chi li fa (sia recente che lontana), ma anche alle sue paure e speranze, preoccupazioni e impressioni, usano le immagini che lo hanno colpito o impressionato e quelle che gli sono molto famigliari. Si esprimono talvolta in modo spiritoso, creativo ed arguto e sanno sorprendentemente anche compiere dei salti logici divertenti e insieme essere molto precisi nell’impiegare alla lettera il significato delle parole, come nel sogno di una paziente che con molta facilità riesce a ricordali: riferì tempo addietro di aver sognato di volare, un bel sogno liberatorio, nel quale il suo volo dipendeva dall’essere aggrappata ad un volante di Formula 1, un volante ipertecnologico cosparso di tasti che lei azionava come fanno i piloti per controllare velocità e...
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